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LE PREVISIONI DELL’ATTO COSTITUTIVO DELLE STP
Il comma 4 del summenzionato art. 10 indica le previsioni dell’atto costitutivo della società tra professionisti.
Va preliminarmente evidenziato che la forma dell’atto costitutivo della società tra professionisti sarà quella prevista ex lege dal tipo societario effettivamente utilizzato così come il elativo regime pubblicitario.
Ad ogni buon conto, l’atto costitutivo di qualsiasi società tra professionisti deve contenere i seguenti criteri generali:
a) esercizio in via esclusiva dell’attività professionale da parte dei soci;
b) l’ammissione in qualità di soci di:
• soli professionisti iscritti ad ordini, albi e collegi, anche in differenti sezioni,
• cittadini degli Stati membri dell’Unione europea, in possesso del titolo di studio abilitante,
• soggetti non professionisti unicamente per prestazioni tecniche, o per finalità di investimento; c) criteri e modalità affinché:
• l’esecuzione dell’incarico professionale conferito alla società sia eseguito solo dai soci in possesso dei requisiti per l’esercizio della prestazione professionale richiesta;
• la designazione del socio professionista sia compiuta dall’utente e, in mancanza di tale designazione, il nominativo debba essere previamente comunicato per iscritto all’utente;
d) modalità di esclusione dalla società del socio che sia stato cancellato dal rispettivo abo con provvedimento definitivo.
Ferme restando le considerazioni espresse già nel paragrafo precedente con riferimento alla lettera a), dunque all’esercizio esclusivo della attività da parte dei soci professionisti, che rappresenta un presidio imprescindibile, al contempo, dato che lo statuto della società deve inderogabilmente prevedere quale suo oggetto “l’esercizio in via esclusiva dell’attività professionale da parte dei soci”, viene negata in nuce la possibilità che tali società possano essere costituite per lo svolgimento anche di attività non professionale. Tale assunto, di estrema importanza a livello redazionale, si esplicita nel corollario per cui anche nelle strutture costituite secondo i tipici modelli capitalistici la prestazione professionale debba essere effettuata solo da soggetti che siano effettivamente professionisti ed incaricati secondo le modalità che dovranno essere regolamentate dal Ministero della Giustizia di concerto con quello dello Sviluppo Economico.
Considerato, poi, che l’attività professionale è la sola attività che può essere svolta, a nulla rileva distinguere tra attività professionali riservate o non riservate, essendo per definizione “professionali” tutte le attività svolte con il proprio titolo dal professionista ricomprese tra quelle il cui svolgimento è consentito dall’ordinamento professionale. Tale considerazione si basa sulla normativa comunitaria in virtù della quale un’attività è regolamentata, riservata o meno, quando essa è svolta con un titolo professionale (Direttiva 2006/123/CE e D.Lgs. 59/2010, dal cui ambito di applicazione è peraltro espressamente esclusa la funzione notarile).
Con riferimento alle qualità dei soci professionisti, si rileva sin dall’inizio che è necessario riformulare la lettera b) del comma 4, art. 10, laddove ai cittadini degli Stati membri dell’Unione europea si richiede per la partecipazione alle STP il solo possesso del titolo di studio abilitante. La norma è inesatta e deve essere riformulata facendo riferimento alla qualifica professionale riconosciuta per l’esercizio della professione regolamentata nel rispetto delle previsioni della direttiva 2005/36/CE e del D.Lgs. 6 novembre 2007, n. 206, e non al mero titolo di studio abilitante che, in quanto tale, non attribuisce alcuna qualifica professionale, ma solo il diritto a conseguirla ottenendo l’abilitazione, in qualunque forma essa sia prescritta dalle norme vigenti.
Quanto disposto poi dalla lettera c), e che il comma 10 sottopone alla necessità di uno dei tre regolamenti interministeriali, rappresenta una ulteriore specificazione della volontà del legislatore di conservare in capo alla società i medesimi requisiti richiesti al singolo professionista per lo svolgimento di qualsiasi attività professionale regolamentata e che prescinde, come noto, dal fatto che talune attività siano o meno riservate. Una attività professionale è tale quando è compresa tra quelle identificate in un determinato ordinamento professionale ed in quanto solta da un professionista iscritto al relativo Albo. Di conseguenza, non vi può essere spazio nella attività della società per attività svolte da terzi non abilitati esattamente come un singolo professionista non può svolgere alcuna delle attività rientranti nel proprio ordinamento se non con il proprio titolo professionale ed assoggettandosi alla relative norme disciplinari.
Le previsioni del quarto comma costituiscono disposizioni di un certo rilievo e con duplice funzione. In sede di primo commento, infatti, appare di una certa evidenza come esse oltre a rappresentare alcuni degli elementi caratterizzanti la società tra professionisti di nuovo conio, siano state inserite al fine di recuperare quel concetto di personalità della prestazione professionale cui sopra si accennava. Tale obiettivo viene sicuramente perseguito tramite le previsioni sub b) e sub c): una visione d’insieme delle disposizioni, infatti, consente di affermare che anche nelle strutture costituite secondo i tipici modelli capitalistici, ogni prestazione professionale debba essere effettuata solo da soggetti che siano effettivamente professionisti e che appaiono tali anche al cliente che conferisce l’incarico.
Tali concetti, vengono ribaditi tramite l’ulteriore specificazione per cui soggetti non professionisti, ancorché si consenta loro l’ammissione quali soci, vedono limitato il proprio apporto a prestazioni tecniche (veri e propri soci d’opera strumentale alle prestazioni professionali) o a mero investimento di capitale.
Stessa attenzione andrà riservata, in sede di predisposizione dello statuto, alle previsioni di cui alla lett. d) del comma 4 in commento, in considerazione del collegamento funzionale tra cancellazione dall’albo conseguente all’irrogazione di sanzione disciplinare definitiva, ed esclusione ope iuris dalla società.
Il dato non è da trascurare per un duplice motivo.
Con esso, in primo luogo, si ribadisce la natura strettamente professionale dell’attività della STP dal momento che la cancellazione dall’albo in cui il socio professionista è iscritto comporta l’esclusione di diritto dalla società che è e resta una società esclusivamente destinata all’esercizio dell’attività professionale e dunque preclusa a quanti iscritti all’albo incorrano in illeciti disciplinari gravi ed irrimediabili. In secondo luogo, tale previsione, ancorché il legislatore taccia sul punto, va direttamente raccordata con le previsioni contenute nell’art. 3, comma 5, del d.l. 138/2011 relative, come è noto, al rinnovato sistema del procedimento disciplinare a cui gli ordinamenti professionali debbono adeguarsi entro il 13 agosto 2012. Sarebbe opportuno, allora, che i regolamenti ministeriali di prossima emanazione non trascurino anche tale importante aspetto che, invece, in base ad una interpretazione meramente letterale, sembra escluso dall’ambito di intervento della normativa secondaria (cfr. comma 10, art. 10, l.n. 183/2011).
(segue)

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