IL NOTAIO ED IL TESTAMENTO BIOLOGICO
Il notaio e il testamento biologico
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CONCLUSIONI
Riepilogando i punti di criticità illustrati:
• vi è necessità immediata di precisare che l’attività professionale è l’esclusiva attività che la società può svolgere e che ciò deve avvenire a cura dei soci professionisti, con le modalità di incarico che il regolamento previsto al comma 10 dovrà specificare. Ciò rappresenta una ulteriore specificazione della volontà del legislatore di conservare in capo alla società i medesimi requisiti richiesti al singolo professionista per lo svolgimento di qualsiasi attività professionale regolamentata e che prescinde, come noto, dal fatto che talune attività siano o meno riservate. Di conseguenza, non vi può essere spazio nella attività della società per attività svolte da terzi non abilitati esattamente come un singolo professionista non può svolgere alcuna delle attività rientranti nel proprio ordinamento se non con il proprio titolo professionale ed assoggettandosi alla relative norme disciplinari;
• con riferimento alle qualità dei soci professionisti, è necessario riformulare la lettera b) del comma 4, art. 10, laddove ai cittadini degli Stati membri dell’Unione europea si richiede per la partecipazione alle STP il solo possesso del titolo di studio abilitante. La norma è inesatta e deve essere riformulata facendo riferimento alla qualifica professionale riconosciuta per l’esercizio della professione regolamentata nel rispetto delle previsioni della direttiva 2005/36/CE e del D.Lgs. 6 novembre 2007, n. 206
• laddove è stabilito che la materia di cui al comma 6, ovvero il divieto di partecipare ad altra società tra professionisti, sia disciplinata con l’adozione di uno specifico regolamento, non può che ritenersi che il legislatore sia incorso in un mero errore, per cui è invero ragionevole ritenere che il regolamento avrebbe dovuto riferirsi alla principale materia che necessita di regolamentazione, ovvero i limiti e le modalità della partecipazione dei soci non professionisti;
• in difetto della regolamentazione con decreto di cui al comma 10, della materia disciplinare applicata alle società, è di fatto impedito agli Ordini di svolgere la loro prioritaria attività di vigilanza disciplinare, con grave danno per la collettività determinato da siffatto vuoto normativo;
• anche con riferimento alle società multiprofessionali vi sono punti da chiarire;
• l’abrogazione della L. 1815/1939 priva le attuali associazioni professionali dell’unico riferimento normativo che le legittima e confligge dunque con la volontà espressa di far salvi i modelli societari ed associativi esistenti alla data di entrata in vigore della legge. Ciò necessita di un intervento correttivo per mantenere la legittimità delle migliaia di associazioni professionali esistenti, oltre che la possibilità di costituirne di nuove;
• inderogabile è poi la necessità di rendere inequivocabile l’assoggettamento al reddito professionale dell’intera attività della società tra professionisti, nonché di escludere espressamente quest’ultima dalla applicazione della legge fallimentare, proprio per la netta distinzione che l’esclusività della attività professionale imposta alla società produce nei confronti dell’attività d’impresa.
Emerge con chiarezza che la frettolosa e non discussa introduzione della norma che prevede le società tra professionisti impone non solo una riflessione di buon senso, ma anche un immediato intervento correttivo che affianchi l’attività di redazione del decreto che il Ministro della Giustizia, di concerto con quello dello Sviluppo Economico, è chiamato ad emanare nel termine di sei mesi.
Il tempo a disposizione c’è, quanto ne occorrerà per l’emanazione del decreto di cui sopra e le professioni chiedono che sia sfruttato al meglio, con l’ausilio del confronto e della discussione che sono mancati nella fase di urgenza in cui inopportunamente è stata introdotta la disciplina delle società per i professionisti. Non era quella la sede per l’introduzione di una normativa così innovativa e di così grande impatto, tanto meno doveva avvenire senza il confronto con coloro che ne sono l’unico destinatario ovvero le Professioni.
Del resto, fin quando non sarà emanato il decreto di cui sopra, nessuna società potrà essere iscritta in alcun albo professionale per difetto di regolamentazione che renderebbe impossibile l’esercizio della funzione di vigilanza che è priorità degli Ordini a tutela della pubblica fede di cui sono garanti.
A tale attività di confronto le professioni chiedono di essere chiamate a partecipare con spirito costruttivo affinché anche questa normativa attesa da tempo sia introdotta in piena coerenza ai principi caratterizzanti gli ordinamenti professionali (recentemente innovati ed in corso di recepimento) e non produca discriminazioni con l’attività svolta singolarmente dal professionista.
(da CNN NOTIZIE del 2 gennaio 2012)


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