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TALUNE ALTRE IMPORTANTI CONSIDERAZIONI
Come è noto, il richiamo operato ai titoli V e VI del libro V del codice civile è ai modelli societari tipici dell’impresa, da adattare con tutto quanto previsto ai comma successivi per l’attività dei professionisti.
In tale contesto, la lettera della norma fa ritenere impossibile la costituzione di società unipersonale dato che il riferimento all’attività professionale “da parte dei soci” sembra escludere differenti interpretazioni. Del resto, poi, neppure è nello spirito normativo introdurre un diverso modo di svolgimento della attività professionale se non quando questa vuole avvenire in forma collettiva.
Piuttosto, non si rinvengono, indici normativi relativi ad alcuni aspetti di innegabile particolare importanza per l’esercizio dell’attività professionale in forma societaria.
Considerato l’oggetto esclusivo della società, limitato, come detto all’esercizio dell’attività professionale, onde evitare plateali disparità trattamento tra società di professionisti e professionista che esercita a titolo individuale, va ribadito con chiarezza il principio per cui la società non è soggetta alla legge fallimentare, proprio per la netta distinzione che l’esclusività della attività professionale produce nei confronti dell’attività d’impresa.
Del pari e per analoga distinzione, a livello fiscale, andranno applicate esclusivamente le norme sul reddito professionale. L’attività della società è esclusivamente professionale e dunque non d’impresa benché la forma giuridica organizzativa sia stata mutuata da tale contesto. In virtù di ciò, non è possibile attrarre alle normative esclusivamente riferite all’impresa una diversa attività.
GUARDANDO COMUNQUE AVANTI
Le norme dettate dalla legge di stabilità per le STP appaiono comunque compatibili con quelle previste nel modello societario delle Società di Lavoro Professionale (SLP) che gli Ordini avevano portato alla attenzione del Ministro della Giustizia nel luglio 2010 nell’ambito delle proposte per una riforma di tutti gli ordinamenti professionali in base a determinati principi a tutti comuni da modernizzare. Tali principi hanno trovato forma legislativa con il D.L. 138/2011, convertito in L. 148/2011, tutti tranne proprio quello che proponeva l’introduzione del modello di società ad hoc per i professionisti.
Il principio cardine delle SLP prevede la prevalenza del lavoro del professionista rispetto all’organizzazione dei fattori produttivi dati dal capitale investito nell’attività e dal lavoro altrui e, laddove siano ammessi soci non professionisti, se ne prevede la remunerazione in forma comunque minoritaria nella partecipazione agli utili e l’impedimento alla nomina nell’organo amministrativo. Tutto ciò è finalizzato alla salvaguardia dell’indipendenza e dell’autonomia del professionista, ma consente che il socio investitore possa trovare una remunerazione di carattere finanziario, comunque diversa da quella d’impresa. Tale principio è chiesto a gran voce da tutte le professioni e può essere recuperato negli statuti di STP costituiti nella forma di SRL tramite l’inserimento di apposite clausole statutarie che prevedano la distinzione della ripartizione degli utili, da parametrare agli apporti di lavoro professionale, rispetto agli apporti di capitale da remunerare come elemento accessorio, con criteri finanziari.
Resta tuttavia la possibilità di sfruttare l’attuale formulazione normativa per costituire società tra professionisti in cui questi ultimi rappresentino niente più che il lavoro a servizi del capitale investito in maggior parte da terzi non professionisti e ciò è inaccettabile.
Esistono a livello comunitario molte esperienze normativo in questo senso e, con minima ricerca (già disponibile), è possibile verificare che una simile previsione non è possibile in alcun altro Stat, ivi compresi i Paesi anglosassoni, notoriamente più evoluti in termini di mercato delle professioni.
(segue)

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