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IL NUOVO SISTEMA GENERALE DELLA MEDIAZIONE CIVILE E COMMERCIALE
Aderendo alla Direttiva Europea sulla Mediazione Civile e Commerciale nelle controversie transfrontaliere ( 21 maggio 2008, dir. 52(2008/CE ) l’Italia ha compiuto un passo fondamentale nella lotta ai ritardi cronici nell’amministrazione della giustizia, mettendo a sistema generale il solco tracciato con la disciplina della conciliazione societaria, prevista dal decreto legislativo 17 gennaio 2003 n. 5, e regolamentata dai decreti ministeriali 222 e 223 del23 luglio 2004.
Dopo un periodo di rodaggio e di assestamento, durante il quale, malgrado la scarsa diffusione della conciliazione nel settore societario ed in quelli equiparati ( bancario, assicurativo, finanziario, franchising e patti di famiglia, si sono accreditati presso il Ministero della Giustizia un centinaio di organismi di conciliazione ed altrettanti enti formatori, sia pubblici che privati, è intervenuta, finalmente, la legge delega al Governo n. 69 del 2009, che ha portato all’ emanazione della legge fondamentale in materia, ossia il decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28, che ha introdotto nel nostro ordinamento il sistema generale di mediazione nelle materie civili commerciali in presenza di dirtti disponibili, cui chiunque può accedere presentando domanda di conciliazione ad un organismo abilitato, il quale metterà a disposizione delle parti in controversia un mediatore esperto, imparziale ed attento alle esigenze delle parti, al fine di raggiungere auspicabilmente un accordo equo e sostenibile in un arco temporale non superiore ai quattro mesi, una vera inezia rispetto ai tempi biblici della giustizia.
Il procedimento di mediazione finalizzato  alla conciliazione è un procedimento strutturato, riservato, e disciplinato essenzialmente dal regolamento dell’organismo prescelto, informato alle esigenze delle parti, anche in ordine alla speditezza, ed al raggiungimento di un accordo amichevole, che abbia quindi la duplice funzione di essere adempiuto volontariamente dalle parti che lo hanno liberamente stipulato, ma anche di fare possibilmente migliorare le relazioni tra le parti stesse, in vista di una ricostituzione di un rapporto più stabile e condivisibile, in quanto basato su una logica cooperativa e non avversariale, secondo il noto principio dei giochi a somma non zero, in cui l’esito delle trattative vede tutte le parti vincitrici e nessun perdente.
La nuova conciliazione, pur ispirata all’impianto della disciplina societaria, ha introdotto non poche novità, accanto alle conferme dei principi fondamentali, ossia dell’ interruzione/ sospensione dei termini prescrizionali a partire dalla data di comunicazione della domanda di conciliazione, la non tassazione degli atti, documenti e provvedimenti inerenti al procedimento di conciliazione, nonché dell’ omologabilità del verbale di conciliazione riuscita e quindi l’attribuzione al verbale stesso della esecutività, anche nell’ambito delle controversie transfrontaliere.
Le principali novità sono l’estensione dell’ esenzione dell’ imposta di registro da applicare al verbale di conciliazione fino all’ammontare di 50.000,00 euro, l’introduzione di una serie di materie per le quali la mediazione è condizione di procedibilità all’introduzione della lite davanti al giudice ordinario, meccanismo la cui entrata in vigore è prevista al 20 marzo 2011, salvo eventuali proroghe, probabilmente inevitabili visto il ritardo con cui il Ministero della Giustizia ha allestito il regolamento applicativo, considerato as giusto titolo essenziale al fine di disciplinare in modo organico una gestione efficace ed affidabile sia della delicata funzione di formazione dei mediatori, sia della importante funzione degli organismi di conciliazione, i quali dovranno basarsi al tempo stesso su un solido impianto giuridico, in ossequio alle implicazioni processuali della mediazione conciliativa, ma anche su una indubbia preparazione in tema di tecniche di comunicazione e di negoziazione.
Dopo un certo periodo improntato ad una larghezza di vedute nell’accreditamento sia dei formatori che dei conciliatori, probabilmente in ossequio ad un criterio di allargamento della base operativa per favorire la diffusione delle conoscenze e delle pratiche, attualmente si assiste ad un orientamento di segno opposto, improntato all’adozione di criteri più restrittivi ed orientati ad un maggior livello qualitativo sia della formazione che della mediazione.
Il nuovo atteggiamento appare condivisibile ancorchè tardivo, e soprattutto potrebbe portare ad indubbie difficoltà operative, proprio nell’imminenza della introduzione del tentativo obbligatorio di conciliazione, che dovrebbe vedere “abbattersi” sugli organismi pubblici e privati una richiesta di mediazioni pari ad alcune centinaia di migliaia di casi, mentre il totale degli organismi accreditati definitivamente nel nuovo Registro non potrà nei primi tempi materialmente superare poche centinaia di unità.
Certamente occorrerà un periodo di assestamento e di verifica della compatibilità dei compiti immani che il sistema giustizia ha scaricato sui privati, invitandoli a conciliarsi prima di vedersi costretti ad adire, in seconda istanza, il giudice togato. Vero si è che, anche in ossequio alla direttiva europea, il legislatore ha assortito la mediazione di incentivi e sanzioni, soprattutto sul piano dell’ inversione della disciplina delle spese processuali, ma anche di una “riscoperta” della funzione deterrente degli articoli 92 e 96 c.p.c., ma occorrerà vedere nella prassi dei tribunali come verranno effettivamente applicate queste norme, la cui formulazione non felice potrebbe condurre ad una difficile applicazione.
Resta il fatto, incontrovertibile,che il nuovo sistema generale di mediazione civile e commerciale  potrà portare, se non nel breve, almeno nel medio/ lungo termine, indubbi benefici anche ai fini della credibilità del nostro Paese, dal quale attualmente importanti quantità di investimenti esteri rifuggono dall’ insediarsi, anche per tema di rimanere invischiati in un sistema ingessato di giustizia, il che si rivela naturalmente un incentivo indiretto alla crescita dei Paesi concorrenti, meglio attrezzati sul piano dei servizi, non solo giurisdizionali. Tradotto in termini europei, il mancato accesso alla giustizia nel nostro Paese costituisce un indubbio freno al miglior funzionamento del mercato interno, ossia della libera concorrenza in base alla  libera circolazione delle persone e delle imprese.
(
Avv. Ferdinando Carbone
Presidente di Bridge Mediation Italia,  Ente formatore ed Organismo di conciliazione
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